Tirocini: violare le regole costa caro, ma nessuno le fa rispettare

December 17, 2019

Il nostro network “Cambiamo le regole sui tirocini” è nato per denunciare l’uso distorto dei tirocini in Sardegna e chiederne una nuova regolazione; un importante strumento formativo per introdurre giovani e disoccupati nel mondo del lavoro è stato trasformato in uno dei tanti strumenti di flessibilizzazione e sfruttamento della forza lavoro al servizio delle imprese, spesso con l’aggravante di aggirare le regole usufruendo del finanziamento pubblico.

Sulla carta i datori di lavoro che abusano dei tirocini devono essere sanzionati e i lavoratori risarciti in base al grado di violazione della normativa posta in essere; nella realtà non è così facile riottenere giustizia. Tutti sappiamo che l’abuso dei tirocini è strutturale ed endemico nel mercato del lavoro sardo, eppure non sentiamo mai di imprese sanzionate, di task force dell’ispettorato del lavoro o di tirocinanti riqualificati come lavoratori subordinati. I tirocinanti non sono sindacalizzati, sono facilmente ricattabili, hanno poche informazioni su come agire nel caso di sfruttamento e soprattutto, possiamo dirlo con certezza, l’ASPAL attraverso la figura del “tutor del soggetto promotore” ignora le segnalazioni dei tirocinanti con una risposta standard che fa più o meno “noi non possiamo farci nulla” ed evita di fare quello che deve fare, cioè andare incontro alle esigenze di giustizia dei tirocinanti segnalando i soggetti ospitanti alle autorità competenti e interrompere i rapporti secondo quello che è lo specifico apparato sanzionatorio regionale.
Ogni volta che veniamo contattati da un tirocinante che ci chiede consigli su come agire per risolvere una situazione ritenuta ingiusta ed esponiamo le possibilità di azione, si viene colti da un senso di rassegnazione intrinseco, quasi a essere certi che tanto non si otterrà giustizia e allora non vale la pena impegnarsi e sprecare risorse, convinzione che si rafforza ogni volta davanti al muro di gomma eretto dall’Aspal.
Eppure se vogliamo che qualcosa cambi, una delle tante cose da fare è superare insieme questi primi ostacoli, far emergere tutte le situazioni di sfruttamento, andare avanti fino alla fine e denunciare pubblicamente e alle autorità competenti chi fa profitto sulla nostra pelle affinché i responsabili vengano puniti e altre lavoratrici e altri lavoratori non vengano sfruttati.

La prima cosa da fare è conoscere; dobbiamo conoscere alcuni aspetti organizzativi fondamentali nonché il diritto sanzionatorio nel rapporto di tirocinio. Questo articolo vuole essere un primo strumento orientativo, per quanto non esaustivo a disposizione dei tirocinanti per conoscere gli strumenti a nostra difesa da far valere davanti all’Aspal e all’Ispettorato del Lavoro e attivarli nelle situazioni di sfruttamento e irregolarità.

La nostra prima fonte sono le Linee Guida regionali che regolano tutta la disciplina dei tirocini in Sardegna. Diamo uno sguardo a tutto ciò che dobbiamo sapere.

All’art.1 troviamo subito due informazioni fondamentali:

a) “il tirocinante non deve svolgere attività in autonomia né di responsabilità né tali che possano arrecare danno a se stesso o ad altri“. Diversamente sarebbe un lavoro, non una esperienza formativa, e per i rapporti di lavoro esistono i contratti appositi ben più tutelanti e remunerativi (si spera);

b) la base del tirocinio è il Piano Formativo Individuale (PFI), un testo allegato alla Convenzione di attivazione del tirocinio, concordato tra l’azienda, il soggetto promotore e il tirocinante e dagli stessi tre soggetti deve essere sottoscritto; è in quel PFI che sono scritti nero su bianco gli obiettivi formativi e le modalità attraverso cui arrivare agli obiettivi da raggiungere.
L’art.7 è ancora più chiaro nel dirci che “i tirocinanti non possono essere utilizzati per attività che non siano coerenti con gli obiettivi formativi del tirocinio ed esplicitati nel progetto formativo“.

Teniamo sempre in considerazione quel documento, ci sarà utile quando dovremo provare che facevamo tutt’altro rispetto a quanto scritto nel Piano.

L’art.4 inoltre ci ricorda che nel PFI deve anche esservi scritta la durata del tirocinio, il numero di ore giornaliere e settimanali che il tirocinante è tenuto ad osservare e che l’orario di tirocinio non deve superare l’80% dell’orario previsto dal contratto collettivo applicato all’interno dell’azienda. Quest’ultimo riferimento percentuale è molto importante se lamenteremo un numero di ore effettivamente lavorate ben superiori a quelle previste.

Sempre l’art.4 prevede che il tirocinio può essere interrotto dall’azienda o dal soggetto promotore in caso di gravi inadempienze da parte di uno dei soggetti coinvolti. Seppur non vengono specificate le “gravi inadempienze”, dal testo possiamo ricavare che un’interruzione unilaterale ad opera dell’azienda in assenza di gravi inadempienze del tirocinante è da considerarsi una violazione delle regole, sebbene non sappiamo quale sia la sanzione da attribuire a questa fattispecie. Ad esempio è il caso di un tirocinante che ci ha contattato per segnalarci che, tra le altre cose, l’azienda ha interrotto il tirocinio dopo che egli ha fatto presente la sua contrarietà alla gestione del tirocinio in contrasto con quanto pattuito nel PFI.

Veniamo ai fondamentali compiti dei soggetti attivi nel tirocinio:

a) il soggetto promotore (in Sardegna il principale S.P. è l’ASPAL ma possono essere anche agenzie formative, università, istituzioni scolastiche, enti e cooperative autorizzate etc.); esso ha il compito di:
– attivare il tirocinio e garantire la regolarità e la qualità dell’esperienza formativa;
– fornire un’informativa preventiva, chiara e trasparente circa la disciplina applicabile al tirocinio, a cui il soggetto ospitante dovrà attenersi;
– individuare un tutor quale responsabile organizzativo del tirocinio;
segnalare al soggetto ospitante l’eventuale mancato rispetto degli obiettivi contenuti nel PFI e delle modalità attuative del tirocinio, nonché ai competenti servizi ispettivi i casi in cui vi siano fondati motivi per ritenere che il tirocinante venga adibito ad attività non previste dal PFI o comunque svolga attività riconducibili ad un rapporto di lavoro

b) il soggetto ospitante, l’azienda in cui si svolge il tirocinio; i suoi compiti sono:
– designare un tutor con funzioni di affiancamento al tirocinante sul luogo di lavoro, individuato tra i propri lavoratori in possesso di competenze professionali adeguate e coerenti con il progetto formativo individuale; in caso di assenza prolungala del tutor, il soggetto ospitante è tenuto a individuare un sostituto dotato di requisiti analoghi a quelli del tutor sostituito e tale variazione deve essere formalmente comunicata al tirocinante e al soggetto promotore;
– garantire nella fase di avvio del tirocinio, un’adeguata informazione e formazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro ai sensi degli artt. 36 e 37 del D.Lgs. n. 81/2008;
– garantire, se prevista, la sorveglianza sanitaria ai sensi dell’art. 41 del medesimo decreto
– assicurare la realizzazione del percorso di tirocinio secondo quanto previsto dal progetto.

Veniamo ora alla disciplina sanzionatoria. Essa si struttura su due livelli:
la normativa statale, che vede in primo piano l’azione dell’Ispettorato del Lavoro con la vigilanza circa la corretta qualificazione del rapporto di tirocinio e l’eventuale repressione in caso di falso tirocinio, omissione delle comunicazioni obbligatorie o altre gravi irregolarità;
la normativa regionale, più soft, anzi eccessivamente soft si direbbe, e per lo più con sanzioni di carattere amministrativo (art.15).

Quest’ultima prevede “l’intimazione della cessazione del tirocinio e l’interdizione per 12 mesi rivolta al soggetto promotore e/o a quello ospitante, dall’attivazione di nuovi tirocini” nei casi di violazioni non sanabili; si tratta dei casi in cui non vengono rispettate le condizioni e i limiti previsti (per es. mancanza della convenzione o del PFI, non rispetto della durata massima, del numero di tirocini attivabili etc.). Per le violazioni sanabili sarà invece formulato un invito alla regolarizzazione la cui esecuzione non determinerà sanzioni; si tratta dei casi “di inadempienza dei compiti richiesti ai soggetti promotori e ai soggetti ospitanti e ai rispettivi tutor o di violazioni della convenzione o del piano formativo, quando la durata residua del tirocinio consente di ripristinare le condizioni per il conseguimento degli obiettivi stabiliti” o ancora è il caso di “violazioni della durata massima del tirocinio, quando al momento dell’accertamento non sia ancora superata la durata massima stabilita dalle norme“. Se non si farà seguito all’invito di regolarizzazione “sarà prevista l’intimazione della cessazione del tirocinio e l’interdizione per 12 mesi, rivolta al soggetto promotore e/o a quello ospitante, dall’attivazione di nuovi tirocini” e nei casi di una seconda violazione entro i successivi due anni, l’interdizione avrà una durata di 18 mesi; l’interdizione sale a due anni nei casi di terza violazione sempre svolta entro 24 mesi dalla prima interdizione.
Infine l’art.16 prevede che “in caso di mancato rispetto delle norme in materia di tirocini con conseguente accertamento da parte dei servizi ispettivi, il soggetto ospitante non potrà attivare tirocini per il periodo di un anno dall’accertamento, e sarà tenuto al rimborso delle quote eventualmente corrisposte dalla Regione o dal soggetto promotore“.

Su quella che è l’azione dei servizi ispettivi ci viene invece incontro la circolare numero 8 del 18 Aprile 2018 emanata dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL).
Come anticipato, il principale onere dell’INL è verificare la genuinità del tirocinio: il tirocinante sta svolgendo davvero un percorso formativo oppure in realtà si sta utilizzando il tirocinio per nascondere un vero e proprio rapporto di lavoro e risparmiare sul costo del lavoro? Per accertare ciò gli ispettori devono verificare e raccogliere alcuni elementi a cominciare dalle effettive modalità di svolgimento del tirocinio, verifica che può portare alla sanzione principe per il datore di lavoro che è la riqualificazione del tirocinio in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con tutto ciò che ne consegue in termini di versamento dei contributi, pagamento della retribuzione corretta per quanto lavorato e sanzioni accessorie.
La difformità tra quanto scritto nel PFI e l’attività effettivamente svolta, lo svolgimento di un tirocinio per attività che non richiedono un periodo formativo “in quanto attività del tutto elementari e ripetitive“, l’impiego del tirocinante per un numero di ore superiore rispetto a quello indicato nel PFI in modo continuativo e sistematico durante l’arco temporale di svolgimento del rapporto, la corresponsione significativa e non episodica di somme ulteriori rispetto a quanto previsto nel PFI, il tirocinio attivato per sopperire ad esigenze organizzative dell’azienda: questi sono tutti elementi che aiutano a definire irregolare un tirocinio e portare alla conversione del rapporto di tirocinio in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Siccome non mancano i soggetti che provano a non pagare i tirocinanti è importante ricordare la previsione dell’art. 1 comma 35 della Legge 92/2012 che punisce la mancata corresponsione dell’indennità di tirocinio con una sanzione amministrativa da 1000 a 6000 euro.

Fondamentale infine – non ci stancheremo mai di ripeterlo – è che il tirocinante tenga sempre segnato e raccolto tutto ciò che può provare e attestare richieste di ore in più, lavori extra o altre richieste stravaganti; documenti e fogli con i turni, sms, WhatsApp, registrazioni, foto.
Tutto ciò un giorno potrà essere la prova dello sfruttamento.

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